© Visual personal branding a cura di Ilaria Rosso - Reve Fotografie

CHI SONO

Domanda difficile a cui rispondere.
Sono Alessia Taglianetti, una reporter valsusina che sogna di esplorare il mondo.
Nella mia testa regna il caos, ma con la penna tra le dita tutto si dissolve, le parole sostituiscono i punti interrogativi.

Sì, beh, molto poetiche queste prime due frasi che ho scritto due anni fa, quando ancora avevo paura del mio progetto di vita. Questa storia, la mia storia lavorativa, comincia però molto prima.

La passione per i viaggi è relativamente recente, ma il mio esordio “giornalistico” risale all’ormai lontano 2014.

Partiamo da qui.

Spesso, parlando con altri viaggiatori e viaggiatrici, sento di persone che hanno sempre avuto questa spinta esplorativa: devo dire che, nel mio caso, è nata con il tempo.

Ovviamente anche a me è sempre piaciuto viaggiare, ma pensavo che non fosse accessibile a tutti e tutte, devo essere sincera. Invece “da grande” ho realizzato che con alcune accortezze, risparmiando e impostandola come priorità si può viaggiare tanto, senza spendere una fortuna.

La scintilla è scattata nel 2017, un anno in cui ho vissuto due delle esperienze di viaggio più forti della mia vita, entrambe legate al volontariato.

A febbraio sono stata nell’Europa dell’est, tra Ungheria e Polonia, per guidare un gruppo di 20 ragazzi e ragazze come educatrice del Treno della Memoria, invece tra luglio e agosto dello stesso anno sono stata in Togo, nell’Africa subsahariana, per il mio primo campo di volontariato finalizzato alla realizzazione di progetti educativi.

Ho iniziato a lavorare come giornalista a 18 anni, ma questi due viaggi mi hanno dato occasione di scrivere i miei due primi reportage per il giornale locale con cui collaboro.

Questa è stata la scintilla, perché ricordo di essermi proprio chiesta: e se fosse questo il lavoro giusto per me?

Alti e bassi da lì, perché all’inizio quasi me ne vergognavo, temevo il giudizio, avevo paura di espormi. Poi ho messo questa paura da parte perché penso che il primo passo per realizzare i propri sogni sia quello di iniziare a chiamarli “obiettivi”, anziché sogni.

Allora nel luglio 2020, dopo uno dei periodi più brutti della mia vita, ho iniziato a lavorare al mio obiettivo e alla realizzazione di questo mio sito web, il preciso momento in cui ho scritto le prime due frasi di questa pagina: potrei cancellarle, invece me le tengo strette.

La paura è stata sostituita da un’inesauribile energia.

I SOGNI SI REALIZZANO QUANDO COMINCI A CHIAMARLI OBIETTIVI

Sapete, questa frase ce l’ho in testa da un po’.
Se c’è qualcosa che apprezzo del mio carattere è la capacità di prendere le parole meschine degli altri, archiviarle nella mia testa e renderle spunto di crescita.

Allora succede che qualcuno mi dica “Ma cosa pensi di farci con tutti quei sogni che hai per la testa” e io, anziché rassegnarmi all’idea di relegarmi a un ufficio, accettare l’idea che la mia voglia di intervistare le persone in giro per il mondo sia solo il futuro rimpianto della persona frustrata che potrei diventare a un certo punto della mia vita, sempre più preda di quella profetica insinuazione che dei miei “sogni” non ci farò mai nulla e che di certo non sarò “l’erede di Piero Angela”, cerco invece la forza di sfoggiare il mio sorriso migliore, senza rispondere, prendendo unicamente i miei appunti mentali (ergo, me la lego al dito, sì) e accade così una magia: la frustrazione che mi hanno buttato addosso, cercando di convincermi che “di sogni non si campa”, che dovrei pensare “al mio futuro” e che, di certo, non sarò il prossimo premio Pulitzer, si trasforma in una necessità sempre più forte di non rimpiangere, di vivere nell’oggi, di credere nelle mie aspirazioni, nei miei progetti e nei miei obiettivi.

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L’INESPLORATO ALTROVE È IL MIO ORIZZONTE

Okay, tolto questo sassolino dalla scarpa, parliamo del mio progetto di giornalismo di viaggio.

Mi sono sempre ripetuta che la vita non può essere circoscritta tutta qui, nella cornice alpina dove sono nata e cresciuta.

Sicuramente il viaggio della vita finora è stato quello in Togo e Benin nel 2019: essendo la seconda esperienza in Togo avevo un po’ più dimestichezza e riuscivo a parlare più facilmente in francese, mi ha dato molto di più rispetto al primo viaggio lì perché sono riuscita a parlare con molte persone del posto e questo mi ha fatto capire molto di più su cultura e tradizioni locali.

Ovviamente in queste zone ci sono tanti riferimenti storici alla tratta atlantica degli schiavi che meritano la visita, attenzione e approfondimento. I due viaggi che finora ho potuto fare in quella zona mi hanno fatto appassionare alla storiografia africana e, dal 2020, mi sto approcciando anche a qualche lingua locale, anche se è molto difficile.

Anche la lingua, quando imposta, si trasforma in un’ulteriore forma di supremazia, di potere e di controllo: questo è ciò che accade nelle “ex” colonie. Le lingue indigene, invece, rappresentano un legame di forte identità e di trasmissione della cultura, dunque, in quanto tali, vanno tutelate.

Non so ancora quale sia il mio posto nel mondo, ma il cuore l’ho lasciato in un angolo sperduto della foresta tropicale togolese.

N. 7.007616
E. 1.400239

GIORNALISMO DI VIAGGIO

Ho iniziato il mio percorso giornalistico scrivendo articoli di cronaca per un settimanale locale e da lì poi si sono intrecciati tutti gli incontri successivi.

Mi definisco “giornalista di viaggio” perché mi piace dare un’anima critica, informativa e non solo emozionale ai miei racconti.

Non voglio solo scrivere itinerari di viaggio (contenuti che ormai si trovano molto facilmente on-line), mi piace intervistare le persone, mi piace l’idea di far emergere il loro punto di vista e quindi offrire a chi legge o ascolta i miei contenuti un valore aggiunto, ovvero l’esperienza diretta, la storia, la cultura e il punto di vista di chi abita i posti che io posso unicamente visitare, cosa molto diversa.

La mia missione è raccontare attraverso gli occhi, le esperienze e le testimonianze degli altri.

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UN VIAGGIO DI MILLE MIGLIA COMINCIA SEMPRE CON UN PRIMO PASSO

C’è una strada, alle porte della Valle di Susa, che si chiama via Sant’Antonio di Ranverso. Un viale alberato che sembra uscito dalle fiabe, che incornicia la Sacra di San Michele all’orizzonte.

Quel viale, che per tanti anni ho chiamato “casa”, simboleggia la partenza.
Sotto quelle fronde sono iniziati tutti i miei viaggi, finora; ci ripongo la memoria di tanti ricordi indelebili, attimi vissuti con la mia famiglia e con le persone che Amo.

Sono radici.
Negli scatti che accompagnano questa mia storia ci sono le mie radici: le due pagine scritte con la mano tremante da mio papà, con quel monologo di The Big Kahuna che risuona come eco di un destino già scritto.

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Ci sono le dita sulla Olivetti di mia mamma, le pagine bianche nel quaderno che mi è stato donato quasi 8 anni fa da Nicolò, la bussola che tengo vicino al cuore che mi unisce alla mia Amica Corinne.

È il disegno che compare unendo i punti.

Perché come scrivevo qualche riga più su, tante persone hanno cercato di convincermi che ho la testa piena di sogni, ma sono cresciuta con delle persone che mi hanno spronato a crederci fino alla fine, anche nei momenti più bui.

Sono cresciuta con il monito di una mamma che mi ha insegnato a non arrendermi mai, che nessun sogno è troppo grande per non poter essere realizzato.

Sono cresciuta tra le poesie e il romanzo rimasto sospeso di mio papà, che mi ha insegnato a non perdere tempo, ad apprezzare e custodire quello che ho, ma soprattutto a non rimandare, perché poi con i sogni interrotti a metà ci si fa i conti, alla fine.

Sono cresciuta con l’Amore forte di Nicolò, che mi ha insegnato la potenza del sostegno reciproco, che mi ha fatto guardare lontano cercando di cucire un futuro pronto per essere condiviso.

E sono cresciuta anche con un’Amica che mi ha indicato il Nord, la mia bussola. L’amicizia che ti apre gli occhi quando stai sbagliando, ma che altrettanto ti sprona quando stai mollando la presa e non devi.

Se credo nei miei sogni, se li chiamo obiettivi, se trovo il coraggio di ammettere a me stessa che cosa voglio dalla mia vita è perché queste persone mi hanno preso per mano e mi hanno insegnato a farlo.

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Ci ho messo un po’ a capirlo, ma in un modo che non so descrivere sono andata sempre in questa direzione: non sapevo dove mi avrebbe portato, né tantomeno dove mi porterà, ma so che non si può scappare dal fuoco che brucia dentro quando senti di avere una missione, una strada da percorrere, una mappa da completare.

In questo blog prenderò nota dei miei appunti di viaggio: gli angoli più sperduti della terra, quelli che “non avrei proprio pensato di andarci in quel posto lì”, oppure i dettagli di mete anche più note, raccontate però a modo mio.

Ti ringrazio per essere arrivatə fin qui e per aver letto la mia storia!
Se hai qualche curiosità o semplicemente ti va di chiacchierare un po’, non esitare a scrivermi: qui troverai i miei contatti.
C’è anche la mia coloratissima newsletter “Postcards from a disposizione: puoi iscriverti qui per ricevere tutti gli aggiornamenti.

Partiamo?

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