Atlas of languages, capitolo primo del mio progetto di giornalismo di viaggio

Ci sono mille spunti da cui potrei cominciare, perché più vado avanti, più realizzo quanto l'argomento sia vasto e quanto sia difficile per me fermarmi, riflettere, mettere in fila le parole e cercare di dare voce alle tante storie che ho ascoltato nell'ultimo anno e mezzo.

Tutto è iniziato quattro estati fa, in un pomeriggio di fine agosto. Mi trovavo ad Asrama, in Togo, e stavo parlando con un insegnante del posto a cui ho chiesto: “Ma la lingua ewe si studia a scuola?”

Domanda sciocca, la mia. Nei giorni precedenti avevo già notato come i bambini e le bambine sapessero leggere perfettamente il francese, mentre i testi scritti in lingua ewe li imparavano a memoria.

Ero già stata in Togo due anni prima e quel viaggio ha completamente cambiato i miei pensieri, le mie prospettive, i miei interessi. Mi sono appassionata di storia dell'Africa, ho iniziato a studiare su manuali di autori locali: sono una giornalista, la mia ricerca delle fonti a volte si infittisce a dismisura, lo ammetto.

Il punto è che mi sono interessata a tanti aspetti, mi sono posta molteplici domande, ma poi ho continuato a vivere la mia vita portando con me convinzioni difficili da sradicare. Tra queste ricordo, in ordine sparso: “che bello insegnare l'italiano ai bambini africani”, “il colonialismo fa parte del passato”, “sono qui per insegnarti questo e quest'altro”.

Onestamente non vedevo il problema nel fare un viaggio di due settimane in un Paese che l'80% delle persone non saprebbero collocare sul planisfero, giocare con un gruppo di bambini e bambine e, di tanto in tanto, organizzare qualche classe per “imparare l'italiano”. Così potremo comunicare meglio, mi dicevo. Dopotutto il mio francese parlato è piuttosto limitato.

Tornare in un posto, però, è già un primo passo per conoscerlo meglio.

Ovviamente l'ewe, che è una delle 39 lingue indigene parlate in Togo, non si studia a scuola. La lingua ufficiale è il francese e, nel 1975, due lingue indigene sono state designate politicamente come lingue nazionali, una di queste è l'ewe, l'altra il kabiyé.

Quando Georges, l'insegnante della chiacchierata, mi ha dato questa informazione sul francese - che può sembrare piccola e insignificante - nella mia testa sono partiti mille ragionamenti: perché le persone tra loro parlano in ewe e a scuola devono studiare in francese? Perché non inseriscono nel programma qualche ora di lingua locale? Che senso ha insegnare l'italiano in un posto dove si parla già una lingua coloniale?

Quel giorno Georges, oltre ad avermi fatto dono di un insegnamento che ha segnato per sempre i miei interessi personali e lavorativi, mi ha anche lasciato tra le mani una richiesta che mi ha portato al progetto che voglio presentare oggi. Mi ha regalato un compendio di grammatica Ewe, un libro che ancor prima gli era stato donato da un suo professore universitario, e mi ha detto: “Tornerai in Togo quando avrai studiato una delle nostre lingue”.

Ci siamo poi confrontati su quale potesse essere un modo per continuare a studiare e tramandare l'Ewe, ma senza successo. Ho trascorso notti intere, da allora, a domandarmi tutti i perché di questo mondo e a chiedermi cosa si possa fare tramandare non solo l'ewe, ma tutte le lingue indigene.

Quella chiacchierata è uno dei puntini sulla mappa delle lingue, Atlas of languages, capitolo primo del mio progetto di giornalismo di viaggio.

Questa avventura non è che ai suoi esordi. È una storia fatta di persone e voci, di metodi di trasmissione delle lingue indigene, di scuole sperdute nella foresta di Asrama o sul confine tra Costa Rica e Panama, di tradizioni e cultura.

Nessunə di noi ha il potere di cambiare il mondo, ma quando ho realizzato di non poterlo fare ho iniziato a riflettere su cosa posso fare e ho dedicato il mio tempo a studiare, a parlare con le persone in giro per il mondo e da oggi sono qui per raccontare questa avventura.

Qui sul mio sito potrai leggere le storie, interviste e approfondimenti troveranno spazio tra le pagine virtuali di Volerelaluna, mentre sui miei canali social troverai fotografie e video.

Ti ho incuriositə? Fammelo sapere con un commento qui sotto ↓